giovedì 27 dicembre 2012

Auguri dalla nostra equipe


Carissimi,

vi auguro a nome dello studio "Percorsi Psicologici" buone feste e un buon anno.
E' con piacere che Vi ringrazio personalmente per l'attenzione mostrata alle nostre attività, tante volte riportate in questo blog dal sottoscritto e dai miei colleghi.
Durante tutto questo anno, i vostri preziosi contributi, le vostre domande che ci avete rivolto, ci hanno permesso di pubblicare articoli di Vostro interesse e altri contributi non strettamente psicologici (vd sezione recensioni film). L'augurio personale che vi voglio fare è quello di proseguire su questa strada anche per l'anno prossimo, con un sensibile ampliamento dei post, degli articoli e delle tematiche trattate. Per questo, avrò bisogno anche dei vostri suggerimenti!

Rinnovando gli auguri, nella speranza di avervi ancora come lettori interessati a questi temi, vi porgo un cordiale saluto

domenica 23 dicembre 2012

Psicologo - Psicoterapeuta Sesto San Giovanni: il nuovo arrivato!



Carissimi,

presentiamo oggi il nostro nuovo sito che si affianca al precedente e che racconta le sole attività svolte a Sesto San Giovanni. Attendiamo i vostri commenti.
Rimane attivo e ben presente anche l'altro sito dove sono riportate tutte le nostre attività nel dettaglio.

Ecco il link:

Psicologo - Psicoterapeuta Sesto San Giovanni

Buona navigazione

mercoledì 21 novembre 2012

Disturbi alimentari: una richiesta di aiuto



Carissimi,

giorni fa ho ricevuto una richiesta via internet di una signora richiedeva un mio consulto in merito a un problema legato ai disturbi alimentari. Questa la richiesta:


"Buona sera, desideravo sapere i costi per visita io soffro da anni di disturbi alimentari, e vorrei essere aiutata grazie"


Ricevere una richiesta di questo tipo comporta sicuramente molteplici aspetti che è bene considerare. In primis, il disturbo è presente da anni e questo è un elemento che introduce diverse fantasie nel clinico (come mai chiede aiuto proprio ora? Cosa le è successo recentemente?..:). Oltre a questo, l'elemento importante in una richiesta legata ai DCA (abbreviazione per denominare i disturbi del comportamento alimentare) è indubbiamente il desiderio di fare un passo verso la propria cura e questo è, a mio avviso, l'elemento più importante da rimandare. Naturalmente questo non vale solo per chi soffre di DCA ma per qualsiasi sintomo, ma lavorando da molti anni in questo campo, ho notato che per chi soffre di questi disagi la difficoltà sia ancora più grande, probabilmente perchè attorno all'alimentazione ruotano molteplici aspetti (cura, nutrimento, fantasie infantili ecc)

Molto spesso, infatti, si da per scontato che questo passaggio sia qualcosa di semplice, come quando si ha mal di denti ed è ovvio che il dentista ti possa dare la cura...ma siamo proprio sicuri che accade questo? Non penso sia così semplice questo passo, molti il mal di denti se lo tengono perchè temono che il rimedio faccia loro più male del dolore ed è per questo che  quando ricevo queste richieste sono contento perchè c'è un desiderio di mettersi in gioco ed è importante che questa partita sia accolta dall'altro, in questo caso dal sottoscritto, con un tempestivo intervento.

Purtroppo, in questo caso, ha vinto la paura rispetto alla voglia di curarsi. Forza e coraggio!


domenica 4 novembre 2012

Recensione film "Reality"




Carissimi,

pubblichiamo oggi la recensione dell'ultimo film del registra Garrone dal titolo "Reality", recensito dal collega dott. Bertolino. Buona lettura!





Il nuovo film di Garrone prende spunto da un banale episodio di vita quotidiana per parlare di come, nella società attuale, il miraggio del successo e della ricchezza possa far vacillare un apparente senso di normalità psichica. X. è una personalità istrionica a cui piace interpretare, durante le feste, il ruolo di una drag queen, per divertire amici e parenti. A parte questi scampoli di evasione dalla realtà di una vita fatta di lavoro in una pescheria e piccoli stratagemmi ai limiti della legalità, messi in atto per far fronte ai problemi economici e arrivare alla fine del mese, il resto della vita di X. procede senza particolari intoppi in un quartiere partenopeo piuttosto povero. La sua vita cambia radicalmente quando, spinto dalla famiglia si convince a partecipare ad un provino per entrare nella casa del "Grande Fratello", dopo il quale viene malauguratamente ricontattato dal cast di produzione per una selezione successiva. Da quel momento in poi l'identità di padre di famiglia-lavoratore in una pescheria, viene spazzata via da un'identità diversa, sostituita da quella di concorrente della casa del Grande Fratello. Tutto il resto perde significato e il regista segue con una macchina da presa a mano lo sprofondare del protagonista nel baratro della follia. Convinto di essere spiato dagli emissari del cast di produzione dei provini, X assume dei comportamenti che lo porteranno a sacrificare la propria vita pur di ottenere il successo, partecipando al programma di canale 5. Il film ci mostra la perdita della lucidità mentale di questo personaggio, favorita da una sua fragilità di base. Quello a cui assistiamo, spettatori impotenti, è un processo lento, ma inesorabile, in cui la realtà si confonde sempre più con le fantasie megalomaniche del soggetto, fino al punto in cui nella scena finale di X. non rimane che una risata angosciata e angosciante, che sembra non avere fine. La realtà vera, senza veli, proclamata dallo show, sbattuta in faccia al pubblico e a cui il titolo del film fa riferimento, mettendone in ridicolo l'ipocrisia non è altro che una finzione pensata in ogni particolare.

A cura del dott. Damiano Bertolino

Padova - Via Cavallotti 61
cell: 3669309334

giovedì 11 ottobre 2012

Recensione libro "Moby Dick"





Carissimi,


oggi pubblico la recensione di un classico della letteratura, Moby Dick di Melville, recensito dal collega Bertolino per noi in una chiave prettamente psicoanalitica! Buona lettura.

Apprestarsi a dire qualcosa circa uno dei più grandi romanzi che siano mai stati scritti non è certo semplice. L'opera monumentale di Melville è stata oggetto di innumerevoli studi nei più svariati campi, mettendo in moto la penna di critici di alta caratura e ben nota fama. Non pretendo quindi di aggiungere nulla di più di quanto già è stato detto. Vorrei però stendere qualche riflessione ispiratami dalla lettura di questo eccezionale romanzo ottocentesco. Una delle cose che più mi ha colpito, accostandomi a quest'opera è la sua mole. Tutto in questo libro è smisurato, la sua lunghezza, la quantità di nozioni inserite, la materia di cui tratta. Sono smisurate le dimensioni dei leviatani (termine che Melville utilizza ogni volta che si riferisce alle balene), sono sterminati i confini dell'oceano in cui si svolge la vicenda e sembra non avere fine la durata del viaggio del Pequod (la nave capitanata dal comandante Achab).

Ci sarebbero mille altre cose da analizzare, ma la figura del capitano Achab è l'elemento a mio avviso più adatto per una trattazione di natura psicologica. Questo personaggio, che si ostina a cercare una creatura mitica, da cui è ossessionato fino alla follia, induce nel lettore sentimenti contrapposti. Da un lato ispira compassione e pena per la sua incapacità di pensare a qualcosa che non sia rappresentato dalla balena bianca. È talmente dominato da questa idea che tutto il resto perde importanza; sempre scontroso e irascibile, a tratti si trasforma in un essere quasi ripugnante. La sua sete di vendetta condanna fin dall'inizio della vicenda lui e tutto il suo equipaggio. Ma d'altra parte è proprio questa inestinguibile brama di scontrarsi con la bestia che l'ha mutilato ad esercitare un fascino così irresistibile. La sua ostinazione diventa una vera e propria coazione a ripetere, allorché si trova a dover fronteggiare il gigante marino che schianta per ben due volte le barche lanciate al suo inseguimento; e nonostante tutto Achab non tentenna neppure un attimo di fronte al suo proposito. Questa corsa folle verso la distruzione avvince l'animo di chi si trova ad avere a che fare con questo vecchio tenace, ostinato, altero.

La parabola di Achab si riscontra spesso nella psicopatologia e non solo. Ogni uomo, chi più, chi meno combatte contro i propri demoni (gli aspetti inconsci). Achab e Moby Dick sono parti di un tutto, di cui non è possibile isolare delle parti, senza prendere in considerazione anche gli altri aspetti dell'intero fenomeno.

La coazione a ripetere di cui ci parla Freud suscita ancora oggi domande e interrogativi sul sottile fascino dell'autoannichilimento e vale la pena non smettere di indagare gli aspetti più reconditi di tale fenomeno.



A cura del dott. Damiano Bertolino
Padova - Via Cavallotti 61
cell: 3669309334

martedì 9 ottobre 2012

1 anno di blog



Carissimi,

proprio oggi di un anno fa iniziatìva l'avventura di questo psyco-blog e ora è tempo di bilanci e di ringraziamenti. Cominciamo con i primi. In questo anno abbiamo raggiunto oltre i 3100 contatti, dato che non ci aspettavamo e che ci inorgoglisce nel lavoro svolto sin qui e che ci fa affrontare con serietà e forza quello futuro che svolgeremo, augurandoci di avervi ancora, e più numerosi, al nostro fianco, con i vostri preziosi consigli e suggerimenti sui temi da trattare di vostro interesse, come è accaduto quest'anno.
Ora passo ai ringraziamenti! Beh, a voi lettori e lettrici va sicuramente un grande ringraziamento, per la costante presenza e per le idee che ci aveve suggerito. Analogamente ringrazio anche i miei colleghi che in quest'anno mi hanno aiutato nel raccontarvi un pò di temi del mondo psy ma non solo, come nel caso delle tante recensioni cinematografiche. L'augurio è di averli anche per quest'anno al mio fianco per proseguire questo tipo di lavoro.
Per cui, concludo dicendo: "Tanti auguri psycoblog, 100 di questi giorni!"

domenica 7 ottobre 2012

Mediazione Familiare: uno strumento al servizio della famiglia




Carissimi,

prima di parlarvi dell'argomento del giorno, la mediazione familiare, inserisco di seguito la richiesta che ho ricevuto alcuni giorni fa da una coppia in crisi. L'argomento è piuttosto diffuso e il tema trattato è molto delicato, dato che spesso sono coinvolti nel dibattito, loro malgrado, anche figli, spesso piuttosto piccoli.

"Ho bisogno di un appuntamento di mediazione famigliare x la situazione della separazione perchè io e il mio ex marito non riusciamo a comunicare e chi ci va in mezzo è la ns. bambina. Vorrei un appuntamento immediato l'importante che sia a Sesto San Giovanni. Grazie "


Nella mia pratica clinica, mi capita piuttosto spesso di ricevere richieste di questo tipo, dove l'urgenza diviene un elemento posto in primo piano. Nel post di oggi, invece, vorrei sottolineare l'importanza di un percorso di mediazione familiare in un'ottica preventiva, durante lo svolgimento di una separazione, soprattutto se questa non è completamente voluta da uno dei due elementi della coppia. In questo modo, infatti, si creerebbero le basi per una maggiore comprensione dei desideri reciproci, in un lasso di tempo maggiore, rispetto all'operare in un contesto di urgenza dove gli interessi di tutti sono esasperati da una situazione maggiormente conflittuale.

Brevi cenni sulla mediazione
 
L'intervento di mediazione è costituito da una serie di incontri tra una coppia e il mediatore familiare, volto alla risoluzione o attenuazione dei conflitti in caso di separazione e/o divorzio.

Il mediatore/la mediatrice familiare non effettua né counselling né terapia e neppure sostituisce il ruolo dell’avvocato o del giudice.

Il risultato di questi incontri è infatti un programma di accordi che anticipa e precisa tutti i patti che l’avvocato rivedrà ed inserirà nei documenti legali formali.

Si rivolge alla coppia, con o senza figli, in fase di separazione, oppure alla coppia già separata o divorziata che ha l’esigenza di modificare precedenti accordi.

La mediazione familiare ha l’obiettivo di consentire ai compenenti della coppia di giungere, attraverso un percorso strutturato di negoziazione, ad accordi condivisi da entrambi, in modo che le parti siano motivate a rispettare i patti nel tempo.

martedì 17 luglio 2012

Recensione film "Scialla"



Carissimi,

chiudiamo oggi la nostra attività prima della sosta estiva con una recensione del film "Scialla" a cura del collega dr. Bertolino. Vi ringrazio per l'attenzione fino ad ora dimostrata alle nostre attività presenti su questo blog e vi rinnovo l'invito a seguirci a partire dal prossimo settembre. Buona lettura e buone vacanze!





SCIALLA! (Con annesso sottotitolo stai sereno) è un film godibile, senza troppe pretese, che ritrae le difficoltà di comunicazione generate dal gap generazionale tra adulti e adolescenti. Difficoltà che, per lo più, assumono i caratteri di un vero e proprio scontro, senza il quale i figli non potrebbero compiere quel complesso e delicato percorso necessario allo sviluppo di una propria identità. Sebbene la vicenda prenda le mosse da un evento poco credibile (un ragazzo che frequenta il liceo classico viene affidato dalla madre, che deve partire, al professore da cui prende ripetizioni di greco e latino), la trama che poi se ne sviluppa assume risvolti realistici, perché ciò che succede dopo è in connessione con le premesse iniziali.

Ciò a cui si assiste è un mutamento dei due personaggi coinvolti nella vicenda, il  professore (Bruno) e il ragazzo adolescente (Luca): il primo deve fare i conti con le assunzioni di responsabilità che richiede il suo nuovo ruolo (la scoperta di avere un figlio adolescente sconvolge ogni sua più piccola abitudine); il secondo, anche se non lo sa ancora, si comporta come se in qualche modo fosse a conoscenza del segreto che il padre/professore non ha il coraggio di rivelargli.

La pellicola in questione, certo, non tratta un tema originale, ma ha il pregio di essere un film delicato, girato con grazia. Il contrasto tra Fabrizio Bentivoglio, che parla con un fortissimo accento padovano e il marcato dialetto romanesco usato da Filippo Scicchitano sottolinea ancora di più la distanza che ogni confronto generazionale segna come un solco tra figli e genitori. Distanza che può essere ridotta, ma mai cancellata del tutto ed è un bene che questo non succeda, perché in caso contrario si negherebbe la realtà; porsi sullo stesso piano dei propri figli significherebbe, infatti, entrare nel mondo della confusione, possibile elemento di psicopatologia.

L'unica nota negativa del film, il finale, in cui si avverte una caduta di stile e una risoluzione degli eventi in maniera totalmente improbabile, non toglie comunque nulla dei meriti accumulati durante i 90 minuti precedenti.

A cura del dott. Damiano Bertolino
Padova - Via Cavallotti 61
cell: 3669309334

venerdì 8 giugno 2012

Progetto di intervento psicologico





Carissimi,

oggi condividiamo con voi un progetto che è attivo nei dintorni del comune di Padova che vede in "prima linea" (viste le difficoltà di cui  ci parla mi sembra il termine più appropiato) il dott. Bertolino nella sua attuazione e progettazione. Per un'idea più precisa di che cosa si tratta, lascio la parola al collega! Buona lettura.




Insieme a due mie colleghe ho pensato di avviare un iniziativa chiamata I-pedd, come acronimo di Intervento di prevenzione e dialogo sul disagio psichico, in un comune vicino a Padova, molto piccolo, di appena 3000 abitanti. Non è stato per nulla facile riuscire a farsi approvare il progetto, poiché delle numerosissime mail che abbiamo spedito a vari assessori e sindaci, abbiamo ricevuto soltanto pochissime risposte e, addirittura, una sola persona (il sindaco del comune in questione, di cui non dirò il nome per ragioni di privacy) si è detta disposta a far partire il progetto (anche se, come dicono qui nel veneto, "non gh'erano schei" e così abbiamo dovuto persino pagarci la stampa delle locandine). Come se non bastasse, la pubblicità, che secondo gli accordi avrebbe dovuto essere fatta dal comune, distribuendo il materiale nelle varie scuole del circondario, nella bacheca e così via, è avvenuta in maniera molto incompleta, poiché circa la metà degli opuscoli non era stato neppure distribuito. Eppure, incredibilmente viste le circostanze, ci sono stati svariati contatti, da parte della cittadinanza locale, a dimostrazione che la decisione di consultare uno specialista della salute mentale non è solamente un vezzo per persone alto-borghesi, ma un bisogno diffuso anche tra fasce della popolazione meno istruite e con redditi meno abbienti.

Il progetto da noi proposto prevede la possibilità di rivolgersi a specialisti che possano rispondere alle richieste delle varie fasce d'età e di ruolo, poiché abbiamo suddiviso i pomeriggi in maniera tale che ci fosse uno spazio riservato agli adolescenti, uno per i genitori e uno per gli adulti. A dire il vero i contatti maggiori sono stati da parte di genitori, inviati dalle maestre delle elementari per difficoltà scolastiche. Effettivamente il disagio nei bambini e negli adolescenti si manifesta in maniera elettiva proprio in questo ambiente. Lo spazio che noi avevamo riservato alla fascia adolescenziale, pensandolo come un luogo di accesso libero, senza necessità di prenotazione non ha avuto successo, nel senso che le persone che hanno richiesto una consultazione l'hanno sempre fatto prenotandosi al numero o all'indirizzo e-mail attivato per il progetto. Non abbiamo quindi ricevuto nessun invio spontaneo da parte della fascia adolescenziale, a testimonianza del fatto che il canale di accesso da noi pensato non è risultato efficace per raggiungere questa enigmatica e complessa fascia d'età.

Mi sono forse dimenticato di spiegare dove vengono svolti i colloqui, ma colmo questa lacuna dicendo che si tengono nella sala dell'assistente sociale, quando quest'ultima non ne ha bisogno. Certo lavorare in questo modo è molto diverso rispetto a ricevere i pazienti nel proprio studio privato, perché si svolge in un certo senso il ruolo di psicologo di base; in una comunità così piccola capita che ci si conosca tutti e non c'è quindi da stupirsi se i genitori che accedono al servizio abbiano i figli che frequentano la stessa classe e si conoscano molto bene. Vi terrò aggiornato nei prossimi mesi! A presto.

A cura del dott. Damiano Bertolino
Padova - Via Cavallotti 61
cell: 3669309334

mercoledì 6 giugno 2012




Carissimi,

oggi lascio la parola alla collega di Padova, dott.ssa Sarah Recchia, che con piacere accolgo per la prima volta all'interno del blog. L'articolo è molto interessante e permette diversi spunti di riflessione, spero vi piaccia. Vi ricordo che avete a disposizione uno spazio alla fine di ogni post per eventuali commenti o suggerimenti. Buona lettura!




PANTA REI E PSICOTERAPIA


“Non si può discendere due volte nel medesimo fiume; non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell’impetuosità e della velocità del mutamento si disperde e si raccoglie, viene e va”.

Secondo le parole di Eraclito, nel suo trattato “Sulla natura”, nulla resta immutato o fisso ma tutto risente di un continuo cambiamento, sia per il mutare delle situazioni, sia perché anche l’uomo evolve e cambia ininterrottamente.

Eppure quando i pazienti si rivolgono ad un terapeuta sembra proprio che si sia inceppato il meccanismo del πάντα ῥεῖ e non si riesca più a seguire il normale percorso evolutivo perché qualcosa continua a ripetersi, creando sofferenza e disagio nel soggetto stesso e nelle proprie relazioni sociali, famigliari o lavorative.

Il cambiamento quindi diventa l’obiettivo dell’azione terapeutica.

Ma cosa si intende per cambiamento in psicoterapia?

La risposta a questa domanda è stata di volta in volta modificata nel corso dello sviluppo della teoria psicoanalitica e delle nuove conoscenze acquisite anche grazie al progresso delle neuroscienze.

Il termine cambiamento deriva dal verbo latino “campsare” nel senso di mutare, curvare, ma anche barattare. Compito quindi del terapeuta sarebbe quello di barattare con il paziente nuovi meccanismi di compromesso diversi dai sintomi patologici per gestire il dolore psichico, ma anche riuscire a curvare, inteso come plasmare un sistema difensivo rigido per trovare soluzioni più adattive e modificare gli schemi relativi al Sé e all’oggetto.

Di conseguenza ne deriva che non è possibile parlare di un solo tipo di cambiamento auspicabile, né di un unico modo per realizzarlo, ma esistono diversi meccanismi che producono diverse tipologie di cambiamento e queste vanno definite in base al livello di funzionamento e mentalizzazione del soggetto e agli obiettivi plausibili per quel paziente.

Le possibilità di cambiamento offerte dalla psicoterapia variano notevolmente da paziente a paziente e dalla relazione che si viene ad instaurare nella coppia analitica, offrendo uno spazio protetto e confortevole in cui si possa rimettere in moto il meccanismo del πάντα ῥεῖ.
A cura della dott.ssa Sarah Recchia
Via Altinate 4 - Padova
cell: 3381259719

mercoledì 30 maggio 2012


Carissimi,

oggi inauguriamo l'angolo della posta, ossia uno spazio in cui pubblichiamo (ovviamente in forma anonima) le domande, i dubbi o le riflessioni che riceviamo e a cui puntualmente diamo una risposta.
Questa condivisione, a nostro modo di vedere, permette di riflettere su questioni di ampia portata anche per coloro i quali non se la sentono di contattarci per paura, timidezza, ecc ecc...

Rimaniamo a Vostra disposizione per eventuali approfondimenti, i riferimenti per i nostri contatti sono sul nostro sito internet.

Buona lettura


Lettera di un papà:


"Buongiorno dottore, scrivo perchè la mamma di mio figlio necessita di un aiuto, in quanto dal momento della gravidanza in poi ha subito vari traumi, purtroppo dovuti anche alla mia poca vicinanza nei momenti in cui lei necessitava maggiormente della mia presenza, in più una non splendida situazione nella sua famiglia d'origine e problemi tra noi hanno causato un cedimento psicologico ed emotivo. Ma la cosa importante che vorrei sapere è se lei soffra di un Disturbo della Personalità Borderline, in quanto ho riscontrato diversi sintomi con alcune descrizioni fatte su alcuni siti specializzati. Ringrazio anticipatamente..."



Questa mail mi ha incuriosito quando a suo tempo l'ho ricevuta, dato che, a margine della preoccupazione che traspare, mi è sembrato sin da subito che Franco (nome di fantasia) avesse più a cuore la diagnosi clinica della compagna che la situazione relazionale difficile che palesava dalle sue parole. Parto da questo aspetto per discutere con voi il concetto di diagnosi: depressione. attacco di panico, disturbo bipolare, disturbo evitante di personalità, disturbo narcisistico...ecc...ecc ci sono una serie di definizioni per poter classificare una persona e talvolta, lavorando anche in un contesto pubblico ospedaliero, mi rendo conto che possano agevolare il lavoro di chi come me ci lavora quotidianamente (anche se più che quello clinico forse quello statistico e di registrazione ticket!).

Vorrei riflettere sul vero senso che ha cercare una diagnosi. Credo che in fondo avere la certezza di soffrire di qualcosa di scritto, accertato e studiato permette di avere meno paura dell'ignoto, ma ai fini del proprio benessere questo ci aiuta? Temo proprio di no. La cosa che ritengo fondamentale nella pratica clinica è proprio la relazione, quella che Franco ha un pò perso con la compagna e che ha lasciato lo spazio a delle vuote categorie o etichette che occupano uno spazio, un vuoto affettivo che si è venuto a creare (e in parte anche per propria responsabilità, come mi scrive). L'augurio, infine, che rivolgo al sig. Franco è proprio quello di tenere maggiormente a mente la propria relazione con l'Altro e non lasciarsi prendere da mere dimensioni categoriali che nulla hanno a che vedere con i sentimenti e le emozioni provate e vissute nella relazione con un'altra persona.


martedì 17 aprile 2012

Recensione libro "Il mestiere dello psicoterapeuta"

 
Carissimi,
 
pubblichiamo oggi nel blog una recensione del collega Bertolino che ha letto per noi il libro del dott. Giuseppe Pellizzari, psicoanalista e presidente del centro milanese di psicoanalisi. Buona lettura!
 
 
Il libro di Giuseppe Pellizzari "Il mestiere dello psicoterapeuta" è ricco di citazioni provenienti da vari ambiti, non solo letterario e cinematografico, ma addirittura da quello musicale (spaziando dal genere classico al rock). La bravura dell'autore, che riesce a rendere fruibili concetti estremamente complessi anche a chi non è uno specialista della materia, dà prova di una padronanza reale di argomenti difficilmente comunicabili a parole, quali sono i fenomeni che appartengono al mondo dell'inconscio.
 
Tra gli spunti di riflessione sollecitati dal direttore del Centro Milanese di Psicoanalisi, vorrei segnalare il problema della conoscenza, introdotta dalla frase comunicata dalla volpe al piccolo principe: "Non si conoscono che le cose che si addomesticano". Ecco come continua il brano tratto dal romanzo di Saint-Exupery: "Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico, addomesticami. - Che bisogna fare? - domandò il piccolo principe. - Bisogna essere molto pazienti - rispose la volpe. - In principio tu ti siederai un po' lontano da me, così, nell'erba. Io ti guarderò con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po' più vicino. - Il piccolo principe ritornò l'indomani. - Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora -, disse la volpe. - Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore (...) Ci vogliono i riti. - Che cos'è un rito? - disse il piccolo principe. - Anche questa è una cosa da tempo dimenticata -, disse la volpe. - È quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un'ora diversa dalle altre ore".
 
Pellizzari fa notare che "addomesticare" ha originariamente il significato di far entrare nella casa, di dare una casa a qualcuno, nonostante abbia assunto l'accezione un poco servile e umiliante di rendere qualcuno docile e ubbidiente. Conoscere, nel senso inteso dalla volpe, ha quindi l'accezione di dare una casa. Non mi voglio dilungare oltre, analizzando maggiormente il brano riportato. Penso però che si possa riflettere in particolar modo su quanto sia inquietante, ai giorni nostri, la dilagante diffusione dei social network.. Facebook è uno scambio di amicizie immediate, senza il tempo della conoscenza, dell'addomesticamento, né della giusta distanza. Non è mia intenzione scagliarmi contro i ritmi frenetici della vita moderna, o additare gli strumenti che ormai vengono utilizzati per comunicare, in ogni angolo del mondo. Penso, però, che non si possa non accostarsi a questo tipo di veicoli mediatici con molta prudenza, disincanto e una buona dose di diffidenza.

A cura del dott. Damiano Bertolino
Padova - Via Cavallotti 61
cell: 3669309334

giovedì 12 aprile 2012

Differenze tra le varie formazioni: Psicologo, Psicoterapeuta e Psichiatra




Carissimi,

tempo fa avevo lanciato un sondaggio su questo blog circa la conoscenza che le persone hanno in merito alle figure professionali che si occupano della salute psichica delle persone: lo psicologo, lo psichiatra e lo psicoterapeuta. Devo dire che molti di voi hanno manifestato di conoscerla o quanto meno di intuirla. Ad ogni modo, una buona percentuale ha scritto di non sapere in che cosa si differenziano queste figure, per cui oggi "sveliamo" questo mistero aggiungendo la figura dello psicoanalista! Buona lettura



LO PSICOLOGO

Lo psicologo è il laureato in psicologia che ha sostenuto e superato l’Esame di Stato che permette l’iscrizione all’Ordine degli psicologi. Per poter sostenere tale esame egli deve obbligatoriamente svolgere un tirocinio formativo della durata di un anno, nel quale fa esperienza nel campo della psicologia. Gli psicologi non sono tutti uguali, in quanto esistono all’interno delle università indirizzi formativi diversi (per es: psicologia clinica e di comunità, psicologia del lavoro e delle organizzazioni, psicologia dello sviluppo e dell’educazione, psicologia generale e sperimentale), i quali forniscono competenze diverse. Dopo la laurea egli può decidere di frequentare corsi o master che forniscono competenze in ambiti specifici, per esempio nel campo dei disturbi d’ansia.

Lo psicologo fornisce ai suoi utenti un aiuto non farmacologico, basato su colloqui di sostegno, strumenti diagnostici, consulenze, tecniche di rilassamento ecc. Sono molte le cose che egli può fare, purché non si configurino come terapia, poiché essa richiede il titolo di psicoterapeuta. Inoltre lo psicologo non può prescrivere farmaci, dal momento che per fare questo serve una laurea in medicina. Se possiede una laurea in medicina oltre a quella in psicologia lo può fare. Quindi, riassumendo, per essere tale lo psicologo deve possedere i seguenti requisiti:

1. laurea in psicologia;
2. essere iscritto all’Ordine degli Psicologi di una regione italiana.



LO PSICOTERAPEUTA

Il percorso per divenire psicoterapeuta è duplice. Può partire dalla laurea in psicologia o da quella in medicina, conseguita la quale va intrapreso un corso di specializzazione riconosciuto dallo Stato Italiano della durata di almeno 4 anni. Dopo la laurea va superato l’Esame di Stato di psicologia esattamente come nel caso dello psicologo (Esame di Stato di Medicina nel caso del laureato in medicina).
 
Dunque lo psicoterapeuta può essere sia medico che psicologo; nel caso che sia psicologo può esercitare tutte le attività dello psicologo e in più la psicoterapia, nel caso che sia medico può esercitare le attività del medico (fra cui la prescrizione di farmaci) e quelle dello psicoterapeuta. Lo psicologo psicoterapeuta non può prescrivere farmaci. L’attività dello psicoterapeuta va quindi più in profondità rispetto a quella dello psicologo, e permette di agire direttamente sui disagi della persona attraverso l’utilizzo di tecniche che variano a seconda della teoria di riferimento del professionista stesso.

Le scuole di specializzazione che permettono l’iscrizione all’albo degli psicoterapeuti sono molte e molto diverse fra loro. Ognuna di esse trae origine da un quadro teorico differente, non necessariamente incompatibile con gli altri, tant’è che spesso gli psicoterapeuti fanno uso contemporaneamente di tecniche provenienti da teorie di fondo diverse. Tra le scuole di specializzazione più frequentate abbiamo, per esempio, quella ad indirizzo cognitivo-comportamentista, quella sistemica familiare e quella psicanalitica. Alcuni tra gli approcci terapici più efficaci contro i disturbi d’ansia vengono descritti nella sezione “psicoterapie”. Per concludere, lo psicoterapeuta, per essere tale, deve possedere i seguenti requisiti:

1. laurea in psicologia o in medicina e chirurgia;
2. essere iscritto all’Ordine degli Psicologi di una regione italiana;
3. aver frequentato una scuola di specializzazione riconosciuta dallo Stato che permette l’iscrizione all’Albo degli Psicoterapeuti.



LO PSICANALISTA

Lo psicanalista è uno psicoterapeuta che si ispira alla psicanalisi di Freud e dei suoi successori. Dopo Sigmund Freud infatti, sono nate diverse correnti dal suo pensiero originale, definite post-freudiane; tra queste la scuola Junghiana da Gustav Jung e quella Adleriana da Alfred Adler. Esse prendono origine dalle teorie proposte da Freud, attribuendo però un peso differente alle diverse componenti della teoria dello sviluppo psicosessuale originale, introducendo anche elementi nuovi non considerati da Freud.
 
Lo psicanalista, per diventare tale, deve necessariamente sottoporsi in prima persona ad un’analisi personale che può avere una durata variabile (in genere qualche anno) con il fine di risolvere eventuali conflitti personali irrisolti e di acquisire maggiori competenze professionali. Le qualifiche necessarie per ottenere il titolo di psicanalista sono:
laurea in medicina o laurea in psicologia
iscrizione all’Ordine dei Medici o a quello degli Psicologi
frequentazione di una scuola di formazione in psicoanalisi

LO PSICHIATRA

Lo psichiatra è un laureato in medicina che ha intrapreso successivamente la specializzazione in psichiatria. Lo psichiatra non è psicologo, a meno che non abbia conseguito il relativo titolo; egli può tuttavia esercitare la psicoterapia. La differenza sostanziale tra psicologo/psicoterapeuta e psichiatra risiede nel modo di vedere la persona e nell’approccio utilizzato; mentre i primi due guardano la persona nel suo insieme, evitando di concentrarsi solo sul disturbo, lo psichiatra utilizza un metodo che può essere definito di diagnosi/cura. In sostanza egli focalizza la sua attenzione sul problema cercando di risolvere solo quello, esattamente come fa il medico.

Egli cura i disturbi psichici e le malattie mentali attraverso l’utilizzo dei metodi propri della psichiatria, che comprendono spesso l’utilizzo di farmaci. Avviene di sovente che sia lo psicologo/psicoterapeuta che lo psichiatra forniscano contemporaneamente il loro supporto ad una stessa persona, ottenendo un risultato migliore di quello che verrebbe raggiunto attraverso l’utilizzo esclusivo di uno dei due approcci. Per divenire tale lo psichiatra deve:
possedere una laurea in medicina
aver superato l’esame di ammissione all’Ordine dei Medici
essersi successivamente specializzato in psichiatria

mercoledì 4 aprile 2012

Piercing e Tatuaggi in adolescenza



Carissimi,

il post di oggi è inerente all'uso che gli adolescenti fanno dei piercing e dei tatuaggi, simboli spesso letti in chiave di ribellione e trasgressione, ma molto spesso oggetti di una ricerca identitaria in un periodo della vita in cui si è costretti a lasciare alle spalle ogni cosa. Con l'adolescenza, infatti, perdiamo parte del nostro patrimonio neuronale che avevamo alla nascita (motivo per cui i bambini piccoli assimilano informazioni, imparano diverse lingue, almeno potenzialmente, meglio che in altre epoche della vita), gli ormoni iniziano il loro cammino nel corpo dell'adolescente, iniziando a fargli vivere sensazioni corporee nuove; il corpo cambia forma; gli adulti iniziano ad aspettarsi un comportamento più maturo...ma a livello psichico cosa succede???

Capita che i valori mentali precedenti, quelli in cui l'immagine di sè era ben conosciuta, apprezzata dai genitori, subisce profondi cambiamenti, perchè entra nella scena un corpo sessuato che prima non c'era. Se prima, nell'infanzia, era socialmente accettato poter dire al proprio genitore "ti sposo papà" (o mamma, a seconda del sesso del bambino), con il passare degli anni, e con l'avvento dell'adolescenza, questo progetto sfuma, ed entra sulla scena il nuovo progetto: quello esogamico, cioè le relazioni vanno coltivate fuori dalla famiglia. Entra dunque il scena per la prima volta il gruppo dei pari e si devono elaborare diversi lutti (dal proprio corpo infantile, dai genitori idealizzati dell'infanzia, dal proprio ruolo ed identità avute nella propria infanzia).

Ma cosa c'entrano dunque il piercing e i tatuaggi?!

La loro funzione, in quel periodo della vita, è utilizzata proprio per la nuova ricerca identitaria, simboli di una nuova immagine corporea che l'adolescente è in continua ricerca. Il piercing, in paricolare, è un elemento che si presta maggiormente a multiple identificazioni, per il fatto che si può mettere, togliere, mettere in diverse parti del corpo (sopraciglia, naso, lingua, ombelico sino arrivare all'estremo degli organi sessuali). Ha  una valenza sensuale ed estetica, supportata dalla comunicazione mediatica (vd la moda): per gli adolescenti rappresentano (piercing e tatuaggio) un serbatoio privilegiato dove attivare i processi di mimesi identificatoria.

Nell'adolescente il piercing ha una valenza di rito iniziatico di passaggio, interessando il corpo, da a questo valore e diviene parte del gioco di costruzione dell'identità. Il tatuaggio, invece, si imprime in una zona più profonda del sè, e assume un diverso spessore simbolico per i ragazzi, dato dal fatto che è "per sempre" (a differenza del piercing che molto spesso è poi destinato a sparire con il passare degli anni, ossia quando l'identità si è ben consolidata e non deve più dipendere da simboli esterni, ma è stata introiettata nel proprio mondo interno).

martedì 20 marzo 2012

La psicoanalisi

La guerra civile - Salvador Dalì

Carissimi,
oggi vi voglio parlare della psicoanalisi, spesso questa entra nel linguaggio di tutti i giorni con connotazioni che poco hanno a che fare con la sua vera essenza, spero, dunque, in questo mio breve intervento di portervi fornire qualche informazione maggiore e più consapevole circa questo metodo di lavoro nel proprio mondo interno. Buona lettura!

 
 
La psicoanalisi è una modalità di trattamento basata sull'esplorazione dei fattori che determinano i comportamenti e le emozioni di cui le persone non sono consapevoli.

Questi fattori inconsci possono essere causa di condizioni stressanti e d' infelicità. A volte si manifestano come sintomi veri e propri, in altri casi determinano tratti di personalità problematici, difficoltà lavorative, affettive e relazionali, disturbi dell'umore o dell'autostima. La causa del malessere è determinata dunque da elementi patogeni inconsci e per questo motivo i consigli di parenti o amici, la lettura di libri d'auto-aiuto ed altri tentativi del genere sono destinati a non dare sollievo.

La psicoanalisi, come metodo terapeutico, si basa sui concetti che riguardano i processi mentali inconsci originariamente elaborati da Sigmund Freud e successivamente sviluppati, nel tempo, da un numero considerevole di altri analisti.

Il trattamento psicoanalitico è in grado di rivelare in che modo i fattori inconsci influiscono sulle relazioni attuali e sui "pattern" di comportamento e, favorendo collegamenti con le origini storiche, può mostrare come questi fattori si sono sviluppati nel tempo aiutando l'individuo a gestire meglio la propria realtà attuale. Nel corso di un trattamento psicoanalitico la relazione col terapeuta, che inevitabilmente si sviluppa, assume tratti influenzati dal "mondo interno" del paziente.

Tale relazione permette sia all'analista che all'analizzato di condividere un'esperienza esplorativa intensa. In questo modo molti aspetti della persona possono essere capiti più profondamente ed è possibile lavorare sull'opportunità di promuovere auspicabili trasformazioni. Può accadere anche che una persona non senta in sé il bisogno di una "terapia" psicoanalitica ma pensi di trarre beneficio da un'esplorazione del proprio mondo interno e del proprio modo di relazionarsi con le persone che lo circondano. Un desiderio di conoscersi meglio e di funzionare meglio nel mondo può essere una motivazione sufficiente per intraprendere una psicoanalisi. Sia lo psicologo che il paziente s'impegnano seriamente nella definizione del setting formale (frequenza, orari, pagamento delle sedute ecc.). La psicoanalisi può essere applicata a trattamenti individuali,di coppia, di gruppo e familiari

venerdì 16 marzo 2012

I want you! Vota il nostro sondaggio sull'uso del web


Carissimi,

oggi inseriamo un nuovo sondaggio sull'uso che facciamo del web, di internet e qualt'altro sia virtuale! Vi chiediamo di votare e di dare la vostra opinione (eventualmente inserendo commenti sotto questo mio intervento) in modo da permetterci di capire che "aria" tira tra i nostri lettori! Vi ricordo che i sondaggi li trovate sulla destra del vostro schermo, sotto la categoria "Etichette".
Vi lascio allora esprimere il vostro voto e vi saluto.

dr Marco Santini

martedì 21 febbraio 2012

Disturbi del comportamento alimentare (DCA)


Carissimi,

oggi volevo fare una breve considerazione sui disturbi del comportamento alimentare, tematica oggigiorno molto frequente e piuttosto spinosa. Mi capita, nella pratica clinica, di avere a che fare con questi problemi, visto che parte della mia formazione passata si è proprio concentrata su questi problemi che mi hanno colpito per diversi aspetti.
L'elemento che spesso emerge di questo disagio è senza dubbio il forte filo conduttore che ha con le questioni familiari, capita, infatti, di sovente che il dca si espressione di un malessere molto spesso più collettivo che riguarda anche altri elementi del proprio nucleo familiare. Credo, infatti, che sia l'anoressia o la bulimia siano sostanzialmente facce della stessa medaglia, medaglia che è stata "forgiata" e "composta" dalle relazioni passate dell'individuo (molto spesso di sesso femminile e di giovane età). Qui, mi si potrebbe obiettare dicendo: "Ma la colpa è sempre dei genitori!". Non amo dare la colpa a nessuno, tanto meno ai genitori, che spesso in questi casi si prodigano molto per la propria figlia (o figlio), ma sicuramente, anche se non ci sono colpe, ci sono delle grandi responsabilità. Infatti, non sempre vi sono genitori attenti ai segnali con cui i dca si manifestano, come disertare la tavola o non curarsi delle crescenti "manie" sul cibo del proprio caro o alla crescente attività fisica. Ritengo che per sconfiggere i dca ci debba essere un grande amore da parte dei genitori e familiari, perchè spesso questi problemi sono segnali di una "fame d'amore" che l'individuo manifesta attraverso il cibo.
Il cibo è anche il primo dono che un individuo riceve appena nasce, attraverso il latte materno. Credo che la valenza simbolica di questo non sia da sottovalutare, infatti attraverso il cibo si veicola anche una relazione (madre-bambino, in primis, ma successivamente anche nell'ambito sociale) che, se non sufficientemente sana ed equilibrata, può poi portare a disagi in età adulta (non solo nell'ambito dei dca).

sabato 11 febbraio 2012

Recensione film "Shame"




Oggi pubblichiamo la recensione cinematografica del dott. Damiano Bertolino. Buona lettura!



Shame delinea il ritratto di un uomo perfettamente adattato alla realtà frenetica e anonima di una città come New York, simbolo del mondo occidentale moderno. Brandon vive in un bellissimo appartamento nel cuore di Manhattan, veste in maniera sempre molto elegante ed è dotato di carisma e savoir fair. Ma sotto quest’apparenza rispettabile si cela un’ossessione profonda per il sesso. Il suo iper-adattamento è una maschera sotto la quale si cela un disturbo che non lascia spazio a nient’altro. Ciò a cui quest’uomo pensa in continuazione è la ricerca dell’orgasmo. Che tale sensazione possa essere raggiunta attraverso rapporti con prostitute, davanti al computer o perfino con uomini, poco importa. Quel che conta è l’annullamento delle sensazioni e del pensiero. Questa è, però, un’operazione impossibile e Brandon si trova, così, a dover ricorrere a pratiche masturbatorie frenetiche e compulsive, senza riuscire mai ad estinguere il demone che lo pervade. Per questo soggetto, passato presente e futuro sono annullati (anche il regista non ci mostra, e non ci fa nemmeno intuire, qualcosa sulla storia passata di questo personaggio). Queste tre dimensioni coincidono in una coazione a ripetere, in cui il contatto con l’altro deve essere sporadico e occasionale. La fissità del protagonista cancella la possibilità di un’evoluzione. Lungo tutta la durata del film, l’unico barlume di cambiamento è intravisto nella relazione con una ragazza di colore, dalla quale però si ritira angosciato, poiché essa rischia di diventare una relazione autentica, mettendo in gioco qualcosa di più profondo di un godimento immediato.
La solitudine in cui è intrappolato quest’uomo è poi messa alla prova dall’irruzione indesiderata della sorella. Anche con lei Brandon mostra la sua incapacità di stabilire un dialogo; il contatto con questa figura può avvenire esclusivamente attraverso uno scontro, non solo verbale.
Su tutto, regna un godimento che non procura piacere, ma sofferenza, e che trasporta sempre di più lo spettatore nel mondo di questo personaggio disperato. Lo sguardo della macchina da presa si deposita senza sosta sulla frenesia dei suoi atti sessuali, ma invece di procurare piacere o eccitazione nello spettatore, genera angoscia e desiderio che tutto ciò finisca, rivelando, così, l’estrema sofferenza provata dal protagonista del film.

A cura del dott. Damiano Bertolino
Padova - Via Cavallotti 61
cell: 3669309334