Carissimi,
oggi pubblico la recensione di un classico della letteratura, Moby Dick di Melville, recensito dal collega Bertolino per noi in una chiave prettamente psicoanalitica! Buona lettura.
Apprestarsi a dire qualcosa circa uno dei più grandi romanzi che siano mai stati scritti non è certo semplice. L'opera monumentale di Melville è stata oggetto di innumerevoli studi nei più svariati campi, mettendo in moto la penna di critici di alta caratura e ben nota fama. Non pretendo quindi di aggiungere nulla di più di quanto già è stato detto. Vorrei però stendere qualche riflessione ispiratami dalla lettura di questo eccezionale romanzo ottocentesco. Una delle cose che più mi ha colpito, accostandomi a quest'opera è la sua mole. Tutto in questo libro è smisurato, la sua lunghezza, la quantità di nozioni inserite, la materia di cui tratta. Sono smisurate le dimensioni dei leviatani (termine che Melville utilizza ogni volta che si riferisce alle balene), sono sterminati i confini dell'oceano in cui si svolge la vicenda e sembra non avere fine la durata del viaggio del Pequod (la nave capitanata dal comandante Achab).
Ci sarebbero mille altre cose da analizzare, ma la figura del capitano Achab è l'elemento a mio avviso più adatto per una trattazione di natura psicologica. Questo personaggio, che si ostina a cercare una creatura mitica, da cui è ossessionato fino alla follia, induce nel lettore sentimenti contrapposti. Da un lato ispira compassione e pena per la sua incapacità di pensare a qualcosa che non sia rappresentato dalla balena bianca. È talmente dominato da questa idea che tutto il resto perde importanza; sempre scontroso e irascibile, a tratti si trasforma in un essere quasi ripugnante. La sua sete di vendetta condanna fin dall'inizio della vicenda lui e tutto il suo equipaggio. Ma d'altra parte è proprio questa inestinguibile brama di scontrarsi con la bestia che l'ha mutilato ad esercitare un fascino così irresistibile. La sua ostinazione diventa una vera e propria coazione a ripetere, allorché si trova a dover fronteggiare il gigante marino che schianta per ben due volte le barche lanciate al suo inseguimento; e nonostante tutto Achab non tentenna neppure un attimo di fronte al suo proposito. Questa corsa folle verso la distruzione avvince l'animo di chi si trova ad avere a che fare con questo vecchio tenace, ostinato, altero.
La parabola di Achab si riscontra spesso nella psicopatologia e non solo. Ogni uomo, chi più, chi meno combatte contro i propri demoni (gli aspetti inconsci). Achab e Moby Dick sono parti di un tutto, di cui non è possibile isolare delle parti, senza prendere in considerazione anche gli altri aspetti dell'intero fenomeno.
La coazione a ripetere di cui ci parla Freud suscita ancora oggi domande e interrogativi sul sottile fascino dell'autoannichilimento e vale la pena non smettere di indagare gli aspetti più reconditi di tale fenomeno.
A cura del dott. Damiano Bertolino
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