domenica 8 settembre 2013

Recensione film "La migliore offerta"



Carissimi,

nel riprendere la nostra attività lavorativa dopo la pausa estiva, riprendiamo anche i nostri lavori su questo blog. Pubblichiamo oggi la recensione dell'ultimo film di Tornatore, visto e recensito per l'occasione dal dott. Bertolino. Vi ricordiamo che potete scriverci per segnalarci temi o argomenti di cui parlare.
Non mi resta che augurarvi una buona lettura!



Uno dei film meglio realizzati, visti nel 2013, è a mio avviso, proprio l'ultima opera di Giuseppe Tornatore. Un battitore d'aste, (Virgil Oldman), che è anche un collezionista di quadri, soffre di un fortissimo disturbo ossessivo compulsivo che lo porta a circondarsi di un numero infinito di oggetti dal valore inestimabile. Essi sostituiscono la compagnia degli altri esseri umani. Egli infatti trascorre la sua vita isolato, innalzando una barriera tra sé e gli altri, la cui maggiore espressione è manifestata dal suo bisogno di uscire di casa indossando imprescindibilmente i guanti, per proteggersi dal contatto. Il suo è un mondo asettico, sotto formalina. Le sole donne con cui trascorre parte del suo tempo sono quelle ritratte nei quadri. L'Unica eccezione a questo affresco di solitudine è incarnata da un amico che lo aiuta ad impossessarsi, in maniera impropria, delle opere di cui Virgil è battitore nelle aste e che, proprio per questo motivo, egli deve far finta di non conoscere.

La vita di quest'uomo cambia radicalmente quando sulla scena compare una donna tanto misteriosa quanto problematica. Il suo disturbo consiste di una fortissima agorafobia che le impedisce di uscire, non solo di casa, ma addirittura dalla sua stanza. Il rapporto che poco a poco si viene a costituire tra i due e che rende la donna particolarmente intrigante agli occhi del protagonista, è la condivisione di una condizione psicopatologica estremamente intensa per entrambi.

Ispirato, per certi versi, al Genio della truffa di Ridley Scott, questo film è caratterizzato da elementi di pura bellezza che non sminuiscono l'effetto di presa sullo spettatore: la recitazione di Geoffrey Rush è da oscar, la ragazza (Sylvia) è di un'avvenenza disarmante e la sceneggiatura è pensata in ogni minimo dettaglio, un congegno nel quale i singoli pezzi, proprio come avviene per il robot del film, una volta uniti fra loro fanno risultare un quadro complessivo ben diverso da ciò che ci si poteva aspettare inizialmente.

Nonostante il finale riservi un'amara sorpresa, l'esperienza vissuta dal protagonista si pone come un'apertura al cambiamento, uno sguardo aperto sul futuro e su ciò che esso può riservare a tutti noi. Incerto e imprevedibile, ma vivo, non asettico, sterilizzato e sotto formalina come il mondo in cui vive il protagonista all'inizio della storia.

 
A cura del dott. Damiano Bertolino
Padova - Via Cavallotti 61 

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