Carissimi,
oggi condividiamo con voi un progetto che è attivo nei dintorni del comune di Padova che vede in "prima linea" (viste le difficoltà di cui ci parla mi sembra il termine più appropiato) il dott. Bertolino nella sua attuazione e progettazione. Per un'idea più precisa di che cosa si tratta, lascio la parola al collega! Buona lettura.
Insieme a due mie colleghe ho pensato di avviare un iniziativa chiamata I-pedd, come acronimo di Intervento di prevenzione e dialogo sul disagio psichico, in un comune vicino a Padova, molto piccolo, di appena 3000 abitanti. Non è stato per nulla facile riuscire a farsi approvare il progetto, poiché delle numerosissime mail che abbiamo spedito a vari assessori e sindaci, abbiamo ricevuto soltanto pochissime risposte e, addirittura, una sola persona (il sindaco del comune in questione, di cui non dirò il nome per ragioni di privacy) si è detta disposta a far partire il progetto (anche se, come dicono qui nel veneto, "non gh'erano schei" e così abbiamo dovuto persino pagarci la stampa delle locandine). Come se non bastasse, la pubblicità, che secondo gli accordi avrebbe dovuto essere fatta dal comune, distribuendo il materiale nelle varie scuole del circondario, nella bacheca e così via, è avvenuta in maniera molto incompleta, poiché circa la metà degli opuscoli non era stato neppure distribuito. Eppure, incredibilmente viste le circostanze, ci sono stati svariati contatti, da parte della cittadinanza locale, a dimostrazione che la decisione di consultare uno specialista della salute mentale non è solamente un vezzo per persone alto-borghesi, ma un bisogno diffuso anche tra fasce della popolazione meno istruite e con redditi meno abbienti.
Il progetto da noi proposto prevede la possibilità di rivolgersi a specialisti che possano rispondere alle richieste delle varie fasce d'età e di ruolo, poiché abbiamo suddiviso i pomeriggi in maniera tale che ci fosse uno spazio riservato agli adolescenti, uno per i genitori e uno per gli adulti. A dire il vero i contatti maggiori sono stati da parte di genitori, inviati dalle maestre delle elementari per difficoltà scolastiche. Effettivamente il disagio nei bambini e negli adolescenti si manifesta in maniera elettiva proprio in questo ambiente. Lo spazio che noi avevamo riservato alla fascia adolescenziale, pensandolo come un luogo di accesso libero, senza necessità di prenotazione non ha avuto successo, nel senso che le persone che hanno richiesto una consultazione l'hanno sempre fatto prenotandosi al numero o all'indirizzo e-mail attivato per il progetto. Non abbiamo quindi ricevuto nessun invio spontaneo da parte della fascia adolescenziale, a testimonianza del fatto che il canale di accesso da noi pensato non è risultato efficace per raggiungere questa enigmatica e complessa fascia d'età.
Mi sono forse dimenticato di spiegare dove vengono svolti i colloqui, ma colmo questa lacuna dicendo che si tengono nella sala dell'assistente sociale, quando quest'ultima non ne ha bisogno. Certo lavorare in questo modo è molto diverso rispetto a ricevere i pazienti nel proprio studio privato, perché si svolge in un certo senso il ruolo di psicologo di base; in una comunità così piccola capita che ci si conosca tutti e non c'è quindi da stupirsi se i genitori che accedono al servizio abbiano i figli che frequentano la stessa classe e si conoscano molto bene. Vi terrò aggiornato nei prossimi mesi! A presto.
A cura del dott. Damiano Bertolino
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